venerdì 19 ottobre 2007

Attenzione, attenzione!

Interrompo il flusso delle fregnacce per segnalare una cosa abbastanza seria, trovata sul blog di Beppe Grillo.
Chi mi conosce sa che prendo di solito queste iniziative un po' con le molle, ma stavolta potremmo trovarci davanti ad una cosa davvero seria.
È stato presentato un disegno di legge, approvato in Consiglio dei Ministri il 12 ottobre 2007.
Il testo ha come titolo: "Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale".
Spiego velocemente un paio di cose: la prima parte del titolo dice che questa legge andrà a riscrivere le norme che disciplinano l'editoria mentre la seconda parte dice che, a seguito di questa legge, il Governo avrà un certo lasso di tempo per scrivere un regolamento su una determinata disciplina, invece di aspettare una legge del Parlamento.
Tutto normale, tutto assolutamente normale, fin qui.

Ora però leggo il testo del ddL, messo a disposizione di tutti in rete, sempre da Grillo (il post con la sua spiegazione e il link al testo lo trovate qui).
L'articolo 1 dice piuttosto amichevolmente che questa legge avrà «per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell’informazione affermato dall’articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati.». Bello, eh? Molto ben scritto, non c'è che dire.
Ora però leggiamo a cosa verrebbe applicato questo ddL, una volta diventato una vera e propria legge dello Stato, cosa che troviamo scritta all'articolo 2: «Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.»
Notate qualcosa?
Non c'è alcun riferimento alla stampa, al contrario di quanto accade negli articoli seguenti, dove si parla tra l'altro di un "Fondo per l'editoria periodica".
Dunque s'intende davvero qualsiasi "prodotto editoriale" e per di più, per espressa previsione del testo appena citato, «quali che siano la forma [...] e il mezzo con il quale esso viene diffuso»
Dunque anche internet, compresi anche quei siti che non sono certo riconoscibili come giornali online, ma sono soltanto siti qualunque, pagine che possono essere messe in rete per qualsiasi motivo... e perciò pure i blog.
Ora certamente capite anche voi perché questa faccenda è piuttosto seria, e soprattutto a noi vicina.

Secondo gli articoli 5 e 6 di questo ddL, poi, tutti coloro che svolgono «anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative» un'attività editoriale (cosa che abbiamo letto prima poter essere estesa anche all'apertura e l'aggiornamento di un blog), devono iscriversi al ROC.
Il ROC è il Registro degli Operatori della Comunicazione, "inventato" dalla legge del 31 luglio 1997 n.249 e diretto originariamente soltanto a «i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione [...], le imprese concessionarie di pubblicita' da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o [...] su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi [...], nonche' le imprese editrici di giornali [...] e le agenzie di stampa [...] nonche' le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica e digitale» (come si può leggere all'art. 1, comma 6, lettera a, numero 5 della stessa L 249/97) .
Con l'estensione voluta da questo ddL verremmo tutti parificati a questi soggetti.

Il che ci porta al motivo, alla ratio di questo provvedimento, spiegata all'articolo 7: «[1] L’iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale su internet rileva anche ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa. [2] Per le attività editoriali svolte su internet dai soggetti pubblici si considera responsabile colui che ha il compito di autorizzare la pubblicazione delle informazioni.»
Cioè si estende la cosiddetta "responsabilità per omesso controllo su contenuti diffamatori", che è tipica degli editori di giornali ed è disciplinata dagli articoli 57 e 57bis del Codice Penale, a tutti coloro che vorranno scrivere qualcosa su internet.
Ecco il rovescio della medaglia di questa parificazione.

Dopo tutta 'sta pappardella giuridica (lo so, è un po' pesante), veniamo all'interrogativo più importante: se chi usa internet per diffamare qualcuno può essere già perseguito per il reato di diffamazione (art. 595 CP), perché mai si dovrebbe trattare chiunque scriva su internet come un editore e farlo per forza registrare in questo ROC?
Semplice: perché la tutela contro la diffamazione, giustamente, può essere messa in atto solo dopo l'avvenuta offesa all'altrui reputazione, mentre questo ddL mira a introdurre un passaggio legale che si frapponga tra ogni cittadino e il suo diritto di esprimere il proprio pensiero su internet.

Una sorta di autorizzazione.
Se passa questa legge, sono molto tentato di non tornare da questo erasmus.