Sono partito da Oslo domenica all'una del pomeriggio.
Prima di tutto mi ha colpito la lunghezza del percorso per arrivare a Göteborg, primo cambio di treno: all'andata ho fatto il viaggio dormendo, ma al ritorno mi sono reso conto quanto in realtà sia a nord Oslo... ci vuole un casino di tempo solo per raggiungere il confine svedese, passando nel frattempo per foreste, foreste, foreste e -interrotte da qualche radura qua e là- altre foreste.
Molto molto bello. Molto molto foresta.
Arrivo al cambio a Göteborg a metà pomeriggio e da lì prendo un treno per Copenhagen. Altre foreste, per ore, mentre mi metto a leggere, ma senza mai smettere di buttare un occhio fuori, di tanto in tanto... sono fatto così: devo guardare fuori dal finestrino, è più forte di me.
Passo il ponte sull'Øresund quando ormai è notte e arrivo a Copenhagen alle nove e mezza, raggiungo l'ostello per scoprire che c'è stato un piccolo frainteso, e che sono stato sistemato in una camerata da dieci. Quasi tutti italiani.
Riparto sabato mattina alle undici e quaranta, e il viaggio fino ad Amburgo, traghetto compreso, non riserva troppe sorprese. Sono solo preoccupato del poco tempo per cambiare e prendere il treno successivo, ma spero in quei due o tre minuti di ritardo che possono sempre capitare in una stazione grande.
Troppa grazia: a causa del solito inconveniente tecnico che colpisce sempre il tuo treno, il ritardo è di quarantadue minuti. Si vede che siamo in Germania: quarantadue, non quaranta o quarantacinque, proprio quarantadue.
Mentre sul treno passo il tempo a mettermi in contatto con l'ostello a Basilea, mi cade la linea, mi finisce il credito sul cellulare e la batteria mi comincia ad avvertire che di durare a lungo non ha molta voglia nemmeno lei. Arrivo a Karlsruhe, zompo sul primo telefono pubblico, arrangio le cose con l'ostello per avere un tetto sulla testa, prendo un panino al volo e sono di nuovo in treno, in uno scompartimento con un tizio che aveva l'aria di voler essere lasciato da solo e quattro ragazzini tedeschi vocianti, che hanno passato il tempo a prendere in giro il capotreno per la sua pronuncia inglese quando annuncia le stazioni. Sono riuscito a raggiungere Basilea cinque minuti prima di mezzanotte.
La sera dopo, ultimi tre treni: uno per andare a prendere mia sorella a Zurigo e due per arrivare a Costanza. Dato che le cose non possono filare liscie fino in fondo, a Kreuzlingen ci fanno scendere dal treno e ci avvertono che il resto del viaggio (cinque minuti cinque, niente di più) è da farsi su strada, perciò caricano me, mia sorella e altre cinque persone su una navetta e ci portano a destinazione.
Alla fine, a conti fatti, sono quasi duemila chilometri in tre giorni, per più di venti ore di viaggio vero e proprio... per questo motivo, io e mia sorella, da quando siamo arrivati, siamo in ozio quasi totale, ma questo solo fino a domani, perché, non contento delle ore e ore di treno passate in questi giorni, ho accettato di accompagnarla a Monaco. Altre tre ore di treno, più o meno, ma che volete che sia, ormai...
mercoledì 27 agosto 2008
sabato 23 agosto 2008
Ah, gli orari norvegesi...
Nei momenti in cui non sono in ostello coi miei compagni di camera (cinque inglesi d'ambo i sessi, quasi perennemente brilli), sono sempre in giro per Oslo (a piedi, ovviamente): esco la mattina dopo colazione, torno dopo cena, a pezzi... ma in fondo va bene così, sono le mie vacanze che sono fatte così...
Non sono riuscito a fare tante foto, e questo anche perché Oslo non ha molti monumenti "che-devi-per-forza-fotografare"... è meglio girare per le strade ortogonali del centro vecchio, fare un giro al quartiere futuristico-fighetto sul mare, oppure al Frognerparken, il grande parco a nordovest della città.
Avrei visto anche un paio di muesi in più, se non fosse che qui i musei chiudono alle quattro. È allucinante: ho visto targhe di ambulatori privati aperti fino alle 22, ma se vuoi entrare in un museo, devi arrivarci al più tardi nel primo pomeriggio. Sono perplesso.
Ad ogni modo ho visto le ultime due o tre cose sulla lista-di-cose-che-devi-vedere-a-Oslo di ogni turista che si rispetti.
Ho cominciato con il Norsk Folkemuseum, il museo della storia del popolo norvegese: un grosso parco dove in sostanza ho visto solo animali da cortile, riproduzioni di case di campagna in legno e custodi-figuranti in costume tipico (tra l'altro ho rischiato la gaffe quando ne stavo avvicinando una per chiedere un'informazione, accorgendomi solo dopo che si trattava di una suora, in visita anche lei al museo).
Dopodiché mi sono buttato nella bolgia dei turisti che vanno a vedere tutti le navi vichinghe, esposte poco lontano: decine e decine di persone che cercano disperatamente di farsi una foto da soli con la nave. Cosa impossibile, perché in quel salone unico a croce si sta sempre a decine e decine, e tutti ben pressati.
Poi, nel pomeriggio, il museo di Munch, ossia: come mettere in mano la gestione di un museo ad un paranoico. Sono passato per decine e decine di controlli di sicurezza, per vedere un museo grande meno di casa mia. Casa mia di Costanza, intendo, stavolta.
Altra immagine allegata: foto scattata sul traghetto che dalla penisola di Bygdøy porta al lungomare davanti al municipio.
Non sono riuscito a fare tante foto, e questo anche perché Oslo non ha molti monumenti "che-devi-per-forza-fotografare"... è meglio girare per le strade ortogonali del centro vecchio, fare un giro al quartiere futuristico-fighetto sul mare, oppure al Frognerparken, il grande parco a nordovest della città.
Avrei visto anche un paio di muesi in più, se non fosse che qui i musei chiudono alle quattro. È allucinante: ho visto targhe di ambulatori privati aperti fino alle 22, ma se vuoi entrare in un museo, devi arrivarci al più tardi nel primo pomeriggio. Sono perplesso.
Ad ogni modo ho visto le ultime due o tre cose sulla lista-di-cose-che-devi-vedere-a-Oslo di ogni turista che si rispetti.
Ho cominciato con il Norsk Folkemuseum, il museo della storia del popolo norvegese: un grosso parco dove in sostanza ho visto solo animali da cortile, riproduzioni di case di campagna in legno e custodi-figuranti in costume tipico (tra l'altro ho rischiato la gaffe quando ne stavo avvicinando una per chiedere un'informazione, accorgendomi solo dopo che si trattava di una suora, in visita anche lei al museo).
Dopodiché mi sono buttato nella bolgia dei turisti che vanno a vedere tutti le navi vichinghe, esposte poco lontano: decine e decine di persone che cercano disperatamente di farsi una foto da soli con la nave. Cosa impossibile, perché in quel salone unico a croce si sta sempre a decine e decine, e tutti ben pressati.
Poi, nel pomeriggio, il museo di Munch, ossia: come mettere in mano la gestione di un museo ad un paranoico. Sono passato per decine e decine di controlli di sicurezza, per vedere un museo grande meno di casa mia. Casa mia di Costanza, intendo, stavolta.
Altra immagine allegata: foto scattata sul traghetto che dalla penisola di Bygdøy porta al lungomare davanti al municipio.

giovedì 21 agosto 2008
Oslo
Un attimo, un attimo... voi come pronuncerete il titolo di questo post? Immagino che lo fareste come lo faccio io, con due belle O aperte e una S presa di peso da "presa" o da "peso" (o da "rosa", come si dice di solito per intendersi).
I norvegesi, invece, preferiscono dire il nome della propria capitale con due O chiuse il più possibile, una S estremamente sonora, decorando il nome della propria capitale con una bella pausa nel bel mezzo della parola, cosicché, se dovessi trascriverla, mi verrebbe da scrivere Óss-Ló.
Appena ho aperto gli occhi, in un fantozziano scompartimento cuccette del treno notturno svedese che mi portava fin lì da Malmö, è stata la voce stridula della capotreno a farmene rendere conto. Per poco non sono scoppiato a ridere, solo per il modo con cui pronunciava la parola "Oslo". Questo per farvi capire in che stato ero, dopo una notte in treno.
Segue una foto del vecchio castello di Oslo (sì, Oslo ha un castello, anzi due) (e uno è pure vecchio), visto dalla zona del municipio, in riva al mare...
I norvegesi, invece, preferiscono dire il nome della propria capitale con due O chiuse il più possibile, una S estremamente sonora, decorando il nome della propria capitale con una bella pausa nel bel mezzo della parola, cosicché, se dovessi trascriverla, mi verrebbe da scrivere Óss-Ló.
Appena ho aperto gli occhi, in un fantozziano scompartimento cuccette del treno notturno svedese che mi portava fin lì da Malmö, è stata la voce stridula della capotreno a farmene rendere conto. Per poco non sono scoppiato a ridere, solo per il modo con cui pronunciava la parola "Oslo". Questo per farvi capire in che stato ero, dopo una notte in treno.
Segue una foto del vecchio castello di Oslo (sì, Oslo ha un castello, anzi due) (e uno è pure vecchio), visto dalla zona del municipio, in riva al mare...

mercoledì 20 agosto 2008
Acculturiamoci, orsù.
Mentre sto per prendere il treno che mi porterà via da Copenhagen, annoto qui un paio di posti che ho visto qui negli ultimi due giorni.
Innanzitutto lo Statens Museum for Kunst, con una galleria abbastanza sfiancante.
Non perché ci siano migliaia di quadri tutti meritevoli di minimo una mezz'ora di meditazione davanti, ma perché, dopo sale allestite con uno o due dipinti graziosi, ti si buttano letteralmente davanti agli occhi sale come quella delle vedute con sette file di quadri una sopra l'altra su superfici di parete in cui sparirebbe casa mia. Quella di Bologna. Con buona parte del cortile condominiale. Comunque ho potuto anche vedere qualche artista danese, come Vilhelm Hammershøi... e altri il cui nome ho segnato sul telefonino, ma che ora non riesco a leggere, perché la batteria è a terra...
Poi, su consiglio di Lars, ho visitato il cimitero di Assistens, una specie di Pantheon dei danesi, dove sono sepolti, tra gli altri, Andersen, Kierkegaard e l'intera famiglia Bohr. Il fatto è che questo posto tutto sembra fuorché un cimitero... Lars me l'aveva detto (la frase esatta è nella colonna delle frasi celebri), ma mi ha colpito vedere quello che alla fine è un cimitero frequentato da gente che si siede semplicemente sulle panchine a leggere, genitori con carrozzine, gazze, scoiattoli, ecc. ecc. ecc.
Ora che sto per prendere il treno devo dire che questa città mi piace davvero, e che mi piacerebbe anche tornarci in futuro... e infatti ci torno: sarò qui la notte del 24, sulla via del ritorno per la Germania.
Ora però mi aspetta il treno, per andare ancora più a nord, ovviamente (come se non mi fosse bastata Copenhagen, vabbe').
Innanzitutto lo Statens Museum for Kunst, con una galleria abbastanza sfiancante.
Non perché ci siano migliaia di quadri tutti meritevoli di minimo una mezz'ora di meditazione davanti, ma perché, dopo sale allestite con uno o due dipinti graziosi, ti si buttano letteralmente davanti agli occhi sale come quella delle vedute con sette file di quadri una sopra l'altra su superfici di parete in cui sparirebbe casa mia. Quella di Bologna. Con buona parte del cortile condominiale. Comunque ho potuto anche vedere qualche artista danese, come Vilhelm Hammershøi... e altri il cui nome ho segnato sul telefonino, ma che ora non riesco a leggere, perché la batteria è a terra...
Poi, su consiglio di Lars, ho visitato il cimitero di Assistens, una specie di Pantheon dei danesi, dove sono sepolti, tra gli altri, Andersen, Kierkegaard e l'intera famiglia Bohr. Il fatto è che questo posto tutto sembra fuorché un cimitero... Lars me l'aveva detto (la frase esatta è nella colonna delle frasi celebri), ma mi ha colpito vedere quello che alla fine è un cimitero frequentato da gente che si siede semplicemente sulle panchine a leggere, genitori con carrozzine, gazze, scoiattoli, ecc. ecc. ecc.
Ora che sto per prendere il treno devo dire che questa città mi piace davvero, e che mi piacerebbe anche tornarci in futuro... e infatti ci torno: sarò qui la notte del 24, sulla via del ritorno per la Germania.
Ora però mi aspetta il treno, per andare ancora più a nord, ovviamente (come se non mi fosse bastata Copenhagen, vabbe').
lunedì 18 agosto 2008
Il danese e i danesi.
Il primo piccolo choc è stata la lingua. Prima di partire, pensavo fosse semplicemente incomprensibile e basta, ma una volta arrivato qui mi sono accorto che così non era: di molte parole, tolte tutte le Æ, le Å e le Ø, è alla fine abbastanza facile capire il senso... il vero guaio, così mi è stato chiaro già il giorno dopo il mio arrivo, è la pronuncia. Prendete una frase pronunciata correttamente in tedesco, passate dell'ammorbidente su tutti i suoni consonantici e accelerate il tutto vertiginosamente, ecco come suona una frase in danese.
Poi è venuto il secondo piccolo choc, e cioè lo spaventoso numero di italiani in giro, ma in fondo, sai di quale choc si tratta, siamo dappertutto...
Ad ogni modo Copenhagen è una città davvero bella e i danesi (almeno quei due o tre che ho conosciuto di persona e che mi hanno fatto vedere la città) sono persone piuttosto simpatiche, che vivono senza traumi il fatto di parlare una lingua che ha sette suoni diversi solo per la lettera A (scusate se sono ripetitivo, ma il danese mi ha spiazzato).
Supplemento numero 1: per ottenere la cittadinanza danese bisogna sostenere un esame di lingua. Il guaio è che questo test è talmente complicato che diversi danesi nati in Danimarca e di madrelingua danese avrebbero difficoltà. Pensate se lo facessimo in Italia... Calderoli, alla lavagna: congiuntivo imperfetto del verbo essere!
Supplemento numero 2: barzelletta danese.
Una notte -terribile, terribile notte, per carità!- accade la tragedia: un bruto, un malfattore (ecc. ecc. ecc., insomma il classico cattivo, punto e basta) arriva addirittura a violentare una suora.
Il giorno successivo all'atroce delitto, il marrano, il criminale (ecc.) e la suora si risvegliano l'uno di fianco all'altra.
Lei, ancora sconvolta dall'esperienza della notte prima, parla tra sé e sembra proprio non darsi pace: «Come farò? Come ho potuto? Come potrò vivere in futuro? Ho peccato con un uomo! E per ben due volte, per giunta!»
Lui (basta ecc., ci siamo capiti) si riprende un attimo dal torpore, sente la suora parlare così e le chiede: «Come mai dici "due volte"? In fondo ti ho violentata una volta sola...».
E lei: «Beh, sì, ma poi tu stavi dormendo, e...».
Umorismo danese.
Poi è venuto il secondo piccolo choc, e cioè lo spaventoso numero di italiani in giro, ma in fondo, sai di quale choc si tratta, siamo dappertutto...
Ad ogni modo Copenhagen è una città davvero bella e i danesi (almeno quei due o tre che ho conosciuto di persona e che mi hanno fatto vedere la città) sono persone piuttosto simpatiche, che vivono senza traumi il fatto di parlare una lingua che ha sette suoni diversi solo per la lettera A (scusate se sono ripetitivo, ma il danese mi ha spiazzato).
Supplemento numero 1: per ottenere la cittadinanza danese bisogna sostenere un esame di lingua. Il guaio è che questo test è talmente complicato che diversi danesi nati in Danimarca e di madrelingua danese avrebbero difficoltà. Pensate se lo facessimo in Italia... Calderoli, alla lavagna: congiuntivo imperfetto del verbo essere!
Supplemento numero 2: barzelletta danese.
Una notte -terribile, terribile notte, per carità!- accade la tragedia: un bruto, un malfattore (ecc. ecc. ecc., insomma il classico cattivo, punto e basta) arriva addirittura a violentare una suora.
Il giorno successivo all'atroce delitto, il marrano, il criminale (ecc.) e la suora si risvegliano l'uno di fianco all'altra.
Lei, ancora sconvolta dall'esperienza della notte prima, parla tra sé e sembra proprio non darsi pace: «Come farò? Come ho potuto? Come potrò vivere in futuro? Ho peccato con un uomo! E per ben due volte, per giunta!»
Lui (basta ecc., ci siamo capiti) si riprende un attimo dal torpore, sente la suora parlare così e le chiede: «Come mai dici "due volte"? In fondo ti ho violentata una volta sola...».
E lei: «Beh, sì, ma poi tu stavi dormendo, e...».
Umorismo danese.
sabato 16 agosto 2008
Copenhagen
Sono letteralmente a pezzi, perciò scriverò soltanto gli orari del viaggio, giusto per dare l'idea della giornata.
Sono partito da Karlstuhe stamattina alle nove meno dieci.
Mi hanno fatto aspettare al cambio di treno ad Amburgo dall'una e mezza alle tre e mezza.
Il passaggio in Danimarca è stato via traghetto (un'ora, più o meno).
Sono arrivato alle nove meno dieci stasera.
Ora crollo.
Contento, ma crollo.
Sono partito da Karlstuhe stamattina alle nove meno dieci.
Mi hanno fatto aspettare al cambio di treno ad Amburgo dall'una e mezza alle tre e mezza.
Il passaggio in Danimarca è stato via traghetto (un'ora, più o meno).
Sono arrivato alle nove meno dieci stasera.
Ora crollo.
Contento, ma crollo.
venerdì 15 agosto 2008
Karlsruhe
Karlsruhe è una città strana, sarà perché la sua costruzione è stata decisa a tavolino, sia perché il disegno con cui è stata costruita è piuttosto strano...
Oddio, non è come Mannheim, dove le strade non hanno nome, e si deve cercare gli indirizzi in centro giocando a battaglia navale con gli isolati, ma comunque anche Karlsruhe regala aspetti che lasciano il visitatore alquanto perplesso.
Tanto per dirne una, il centro di tutta la città, nel disegno originale, è nel palazzo o, meglio, nella torre costruita a nord della parte principale del palazzo. Intorno a questa torre sono stati tracciati viali circolari concentrici, tagliati da strade che puntano verso quel centro, come raggi dei cerchi concentrici dei viali.
Ok, non è una città normale, ma ormai mi conoscete: potrei mai anche solo fare scalo in una città "normale"?
Oddio, non è come Mannheim, dove le strade non hanno nome, e si deve cercare gli indirizzi in centro giocando a battaglia navale con gli isolati, ma comunque anche Karlsruhe regala aspetti che lasciano il visitatore alquanto perplesso.
Tanto per dirne una, il centro di tutta la città, nel disegno originale, è nel palazzo o, meglio, nella torre costruita a nord della parte principale del palazzo. Intorno a questa torre sono stati tracciati viali circolari concentrici, tagliati da strade che puntano verso quel centro, come raggi dei cerchi concentrici dei viali.
Ok, non è una città normale, ma ormai mi conoscete: potrei mai anche solo fare scalo in una città "normale"?
giovedì 14 agosto 2008
Vacanze zaùrde
Dopo un breve soggiorno a Costanza di Vale, la mia quasi-cugina, mi preparo anche io per andare in vacanza. Ovviamente il mezzo sarà il treno, come quasi sempre nei miei viaggi, ma stavolta la destinazione sarà parecchio più a nord dell'anno scorso...
Prima tappa, tra qualche ora, Karlsruhe, da cui partiranno effettivamente le vacanze zaùrde 2008.
Come e quando potrò, aggiornerò il blog con foto e un racconto del viaggio...
A presto!
Prima tappa, tra qualche ora, Karlsruhe, da cui partiranno effettivamente le vacanze zaùrde 2008.
Come e quando potrò, aggiornerò il blog con foto e un racconto del viaggio...
A presto!
venerdì 8 agosto 2008
E anche questa è fatta...
Alla fine, dopo ore e ore passate a rincorrere professori, assistenti, impiegati e ovviamente vagonate e vagonate di carte, sono riuscito a chiudere ufficialmente il mio erasmus, ieri pomeriggio.
Per non rischiare di perdere i documenti ho fatto ovviamente più d'una copia di tutto il malloppone.
Per essere sicuro di non trovare fila e non passare ore e ore ad aspettare che tutti spiegassero agli sportelli le loro vicissitudini, mi sono presentato all'ufficio quasi un'ora prima, alle due del pomeriggio (sofferenza).
Per tranquillizzarmi sul fatto di avere tutti i documenti in regola ho rotto l'anima a due impiegati su a Costanza e ne ho avvicinata una terza anche a Bologna, ieri mattina (passavo di là, e per essere sicuro dell'orario dell'ufficio, c'ho anche fatto un giretto la mattina).
Alla fine l'ultima parte di tutta la trafila burocratica mi ha preso...
...quattro minuti.
Ore 14.30 - mi avvento sullo sportello, orgogliosamente primo di tutti gli studenti in fila (due, me compreso)
Ore 14.31 - compare l'impiegata che nei due minuti seguenti ritira tutto, mi conferma che non ho altro da consegnare almeno per i prossimi cinque mesi, e alla fine mi avverte addirittura che mi arriveranno circa cento euro in più per ogni mese di permanenza
Ore 14.34 - ancora incapace di credere che tutto sia filato liscio e che mi daranno addirittura altri soldi, esco dall'ufficio in evidente stato di confusione.
Per non rischiare di perdere i documenti ho fatto ovviamente più d'una copia di tutto il malloppone.
Per essere sicuro di non trovare fila e non passare ore e ore ad aspettare che tutti spiegassero agli sportelli le loro vicissitudini, mi sono presentato all'ufficio quasi un'ora prima, alle due del pomeriggio (sofferenza).
Per tranquillizzarmi sul fatto di avere tutti i documenti in regola ho rotto l'anima a due impiegati su a Costanza e ne ho avvicinata una terza anche a Bologna, ieri mattina (passavo di là, e per essere sicuro dell'orario dell'ufficio, c'ho anche fatto un giretto la mattina).
Alla fine l'ultima parte di tutta la trafila burocratica mi ha preso...
...quattro minuti.
Ore 14.30 - mi avvento sullo sportello, orgogliosamente primo di tutti gli studenti in fila (due, me compreso)
Ore 14.31 - compare l'impiegata che nei due minuti seguenti ritira tutto, mi conferma che non ho altro da consegnare almeno per i prossimi cinque mesi, e alla fine mi avverte addirittura che mi arriveranno circa cento euro in più per ogni mese di permanenza
Ore 14.34 - ancora incapace di credere che tutto sia filato liscio e che mi daranno addirittura altri soldi, esco dall'ufficio in evidente stato di confusione.
domenica 3 agosto 2008
Saluti e baci. E un nuovo gioco di società.
Scrivo questo post un po' di fretta, dopo un weekend traumatico, e all'inizio di una settimana ancor più pesante.
Sabato sono partite Anna e Clelia. Dal momento che anche Daniel è già partito da un po', sono a casa da solo col mio coinquilino disadattato, che secondo me non si accorgerà di nulla fino a settembre, quando Kle tornerà qui e io dovrò tornare a Bologna.
Eh sì, pare proprio che il mio erasmus intanto sia finito, ma ora comincia un nuovo eccitantissimo gioco di società: si tratta di andare di ufficio in ufficio a prendersi tutti i documenti necessari e riportarli a Bologna entro 15 giorni dalla fine dello scambio, e cioè, nel mio caso, entro Ferragosto.
Aiuto!
Ah, sì, perché dimenticavo di dire che sarò di conseguenza a Bologna tra il 6 e il 10 agosto per qualche giorno in cui potrò dedicarmi per intero all'afa, agli sportelli dell'università e alla burocrazia in genere... un sogno! Un gran brutto sogno...
Intanto -altra cosa che ancora un po' e mi dimenticavo- auguri a Dave!
Sabato sono partite Anna e Clelia. Dal momento che anche Daniel è già partito da un po', sono a casa da solo col mio coinquilino disadattato, che secondo me non si accorgerà di nulla fino a settembre, quando Kle tornerà qui e io dovrò tornare a Bologna.
Eh sì, pare proprio che il mio erasmus intanto sia finito, ma ora comincia un nuovo eccitantissimo gioco di società: si tratta di andare di ufficio in ufficio a prendersi tutti i documenti necessari e riportarli a Bologna entro 15 giorni dalla fine dello scambio, e cioè, nel mio caso, entro Ferragosto.
Aiuto!
Ah, sì, perché dimenticavo di dire che sarò di conseguenza a Bologna tra il 6 e il 10 agosto per qualche giorno in cui potrò dedicarmi per intero all'afa, agli sportelli dell'università e alla burocrazia in genere... un sogno! Un gran brutto sogno...
Intanto -altra cosa che ancora un po' e mi dimenticavo- auguri a Dave!
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