Avete presente quelle situazioni in cui vi sembra di sentire una vocina che dice «Non è possibile, è un film, ora finiscono di girare questa scena e ci prendiamo tutti una bella pausa...» e cose del genere? Ecco, a me è capitato lunedì della scorsa settimana, quando, complice il giorno di festa, ho deciso di fare visita a N., un ragazzo con cui mi sentivo da un po', ma con cui è stato per molto tempo impossibile vedersi di persona.
Prima piccola nota: in Germania (o almeno qui a Costanza) si fanno minimo due giorni di vacanza in più tra aprile e maggio, per Pentecoste e Corpus Domini. Credo che per un buon 80-85% degli italiani piazzare queste feste sul calendario anche approssimativamente sarebbe quasi impossibile. Tranne per gli (informatissimi) lettori de "L'angolo dello Zaùrdo", ovviamente.
Piccolo problema, peraltro superabilissimo, era rappresentato dal fatto che il povero ragazzo non abita a Zurigo, ma in un paesino della sua Agglomeration, che è una specie di Hinterland che va da Basilea a Zurigo e si spinge a est fin quasi a Costanza. E proprio in una delle parti più lontane dal centro di questa specie di blob sorge il paesino.
Immaginate un paesino svizzero. Non ci siete mai stati? Va bene lo stesso. Vi vengono in mente solo un sacco di stereotipi? Meglio: Quel paesino è così: duemila abitanti più o meno, casette col giardino, recinti con le caprette...
Uno di quei posti resi ancora più adorabili dalla consapevolezza che poi tu tornerai in città.
Ci incontriamo, andiamo a casa sua, passiamo un piacevolissimo pomeriggio a parlare del più e del meno (anche se lui parla uno zurighese strettissimo, perciò arrivo a capire sei-sette parole su dieci nei momenti migliori) quand'ecco che, inaspettatamente, arrivano i suoi genitori.
Seconda piccola nota: lo so cosa state pensando (sporcaccioni!), ma no: non abbiamo fatto nulla e soprattutto non stavamo facendo nulla quando sono arrivati i suoi.
Dal momento che per fortuna all'arrivo dei suoi non abbiamo dovuto né rivestirci né districarci l'uno dall'altro, la sorpresa non è stata subito molto traumatica. Sua madre ha guardato lui, ha guardato me e ha fatto un sorriso abbastanza eloquente, mentre suo padre, una volta notata la mia presenza, s'è fatto piuttosto scuro in viso, cosa che un po' mi ha scoraggiato, lì per lì. Tutti e due hanno fatto comunque per tutto il resto del pomeriggio larghi giri del giardino, così io ed N. abbiamo potuto continuare a parlare del più e del meno, mentre ormai era quasi ora di preparare per la cena (ad orario svizzero, ovviamente, perciò tutti a tavola entro e non oltre le 18.15).
Stavamo portando i piatti sul tavolo in giardino quando mi sono state date nell'ordine tre esaltanti notizie:
1) a cena saremmo stati io, N. e suo padre, e mi si pregava di avere un po' di pazienza perché "è un po' conservatore"
2) il padre, a detta di N. non aveva la minima idea né del fatto di avere un figlio gay né tantomeno del perché avesse trovato in casa anche me (anche se il suo sguardo assassino mi suggeriva l'esatto contrario);
3) N. aveva raccontato al padre che io ero un amico di vecchia data, conosciuto ad una rappresentazione della Carmen cinque anni fa (cosa di cui mi aveva accennato per trenta secondi e pure tre ore abbondanti prima, di cui avevo capito solo una parte e mi ricordavo ancora meno).
Credo che sia stata la cena più spaventosa della mia vita: in un tardo pomeriggio di sole, con la vista sul classico paesino idilliaco svizzero e le caprette che ci facevano ciao, mi sono ritrovato a cercare mentalmente argomenti di conversazione che non facessero cadere miseramente una storiella che stava su con lo sputo, seduto in giardino con una persona la cui espressione facciale era traducibile in un "Ringrazia il Cielo che non ho un'arma a portata di mano".
Credo che siano state pronunciate a tavola dieci o quindici parole in tutto, mentre nella mia testa sentivo solo una vocina che ripeteva «Non è possibile, è un film, ora finiscono di girare questa scena e ci prendiamo tutti una bella pausa...»
E, ovviamente, come si dice sempre in queste situazioni, "I have paura"!